Biografia Inti-Illimani

Quello che oggi gli inti-Illimani sono è qualcosa di molto diverso da quello che per molti probabilmente ancora rappresentano: un gruppo di grande world music e di intensa ricerca di contaminazioni, una modernissima band con alle spalle la polvere dei palcoscenici di tutto il mondo. E non più e non soltanto gli ambasciatori della musica dell’America Latina (il Cile è il loro paese d’origine) nel mondo, il simbolo della lotta con tutte le rivoluzioni, l’immagine dei musicisti esiliati dal loro paese che lottano per riconquistare la legittima appartenenza alle loro radici, alla loro terra.

Quello che accadde nell'oramai lontano 1973 è storia passata, non dimenticata, ma sicuramente gettata alla spalle. La storia dei sette membri di questo combo di musicisti ha oggi un altro messaggio ancora da comunicare. Ed è qualcosa di rintracciabile nei tanti progetti paralleli che portano avanti incessantemente, con lo stesso spirito libero e sognatore di un tempo con lo stesso coraggio per le ragioni della musica. "Non siamo mai stati così politici da usare la politica come propaganda. Non siamo un gruppo politico in questo senso, ma siamo sempre occupati politicamente. Abbiamo un concetto di società e relazioni interumane e cerchiamo di convertire le nostre idee in suoni, non fare parte dell’uno o dell’altro partito politico, ma in un certo qual modo portare in giro un mondo migliore". È una delle tante frasi esplicative a sostegno della loro attività.

L'avventura degli Inti-Illimani parte nel lontano 1967, quando un gruppo di studenti si incontrarono all'Università Tecnica di Santiago con il sogno di diventare ingegneri. Ma già dopo un pò di tempo cambiano obiettivi e danno vita al progetto Inti-Illimani che in dialetto Ayarnara vuol dire: sole dell'Illimani, una montagna nelle vicinanze di La Paz in Bolivia. E già nell'anno successivo partono per una lunghissima tournèe in Argentina Da questo periodo inizia la anche la loro attività compositiva con la partecipazione alle prime compilations dedicate alla rivoluzioni in America Latina.

Mano mano il gruppo, questo singolare "insieme di artisti senza nome", comincia ad assumere la struttura che presto si imprimerà nella memoria collettiva: un affondare nelle radici della musica tradizionale latino-americana all'interno di una possente e mobilissima orchestrazione fatti di strumenti a fiato, ad arco, di percussioni, fino a raggiungere persino il numero di oltre trenta elementi in scena. Questa loro caratteristica sarà quindi fin dall'inizio la forza propulsiva della loro stessa immagine: ricchissima e colorata scenicamente e di grande impatto scenografico.

Il 1972 è comunque l'anno delle grandi tournèe in America Latina e della prima formazione stabile composta da Max Berrù, Josè Miguel Camus, Jorge Coulon, Horacio Duran, Horacio Salinas e Josè Seves.

L’anno successivo segna infine il loro avvento sulla scena discografica mondiale con i due lavori rispettivamente dal titolo Viva Chile e Cantos de Pueblo Andinos. In Italia conquistano il disco di platino ed il nostro paese diventa, ma oramai è storia nota, il loro nuovo paese d'adozione a causa dell’esilio cui vengono sottoposti in conseguenza del golpe di Pinochet. Da questo momento in poi il loro successo nel mondo non conosce soste e da ciò scaturiscono anche aria messe infinita di collaborazioni a tutti i livelli. I loro dischi conquistano perfino il mercato inglese: Flight of the Còndo,r musiche di un serial televisivo della Bbc e The return of the condor Rene, selezione di temi strumentali. Nel 1985 tengono per la prima volta un concerto insieme ai chitarristi John Williams e Paco Peña alla Royal Albert Hall di Londra dalla cui esperienza scaturirà l'album Fragmentos un sueno. Sarà solo il primo dei tanti progetti musicali che portano avanti, molto spesso nei teatri di tutto il mondo, esemplare complemento ad una visione della musica rivoluzionaria in grado di alternare i grandi spazi aperti con la concentrazione e l’intensità dei teatri.

E infine arriva anche per loro la possibilità tornare in Cile. E' il 1988. Gli Inti-Illimani sono ormai i musicisti emblemi di un inarrestabile messaggio di pace. Conferma di questo è la partecipazione al grande concerto a Amnesty International in compagnia di Bruce Springsteen, Sting, Peter Gabriel, Tracy Chapman, Youssou’n, Dour e tanti altri.

Entrano nel decennio dei 90 con l'album Leyenda, registrato dai vivo presso il Teatro filarmonico di Colonia, insieme ai due grandi chitarristi John Williams e Paco Peña, ulteriore segnale di una nuova e modernissima apertura musicale che li vedrà d'ora in avanti sempre alla ricerca di nuove e reziose gemme musicali. La collaborazione con Williams, chitarrista classico e Peña fuoriclasse della chitarra flamenca, diventerà d'ora in avanti un appuntamento fisso nelle loro tournèe mondiali. Uno degli esempi più luminosi di contaminazione e di interscambio che ha permesso alla musica degli Inti di raggiungere vette inarrivabili.

Gli anni novanta sono all'insegna delle grandi tournèe negli Stati Uniti, in Turchia, ancora in Italia, in Giappone, in Spagna, in Australia, in Polonia, ancora una volta condividendo il palco con grandi artisti come Miriam Makeba, Mercedes Sosa. L’ultimo periodo degli anni novanta è sotto il segno di un ulteriore cambiamento, solo all'apparenza rivoluzionano, perché ancora una volti i germi del presente affondano nella loro storia passata. Tutto quello che gli Inti-Illimani fanno è intensamente segnato da un forte senso del destino. Arrivano dischi come Arriesgarè la Pie, Grande Exitos che in breve ottiene il disco di platino, Leyania opera di grande fascino poetico che segna il ritorno al grande amore per la musica delle Ande a quella particolarissima forma di folk impreganta di una misteriosissima bellezza, Amar De Nuevo e La Rosa de los vientos. Quest’ultimo lavoro in particolare, non ancora pubblicato per il momento in Italia, mostra tutta la grande raffinatezza compositiva che dopo trent'anni di lavoro gli Inti-Illimani hanno raggiunto su musiche di Horacio Salinas e testi di Patrico Manns. Si tratta di una rosa di ariose composizioni orchestrati nelle quali il testo è stato aggiunto in un secondo momento. Come gli stessi Inti-Illimani hanno confessato questo straordinario disco è stato concepito nelle camere d’albergo, sui treni, sugli aerei, in una condizione che fotografa quindi perfettamente l'aspetto esistenziale e soprattutto musicale che l'arte di questo straordinario ansamble di musicisti si trova da qualche decennio a vivere senza soste.

La nuova finestra che si apre per gli Inti è legata così anche alle collaborazione con le grandi orchestre, 1997 con la collaborazione con l'Orchestra Sinfonica di Concepcion estendendosi successivamente a tante altre orchestre sparse per il pianeta.

Nel cosiddetto Programma Sinfonico trova spazio un’ennesima fusione di generi musicali, la musica colta come quella più popolare, brani di grandi compositori latini come Villa Lobos, Ginastera Moncayo, a brani classici del loro stesso repertorio. Gli arrangiamenti orchestrali, di questo straordinario programma che oramai si ripete negli anni come fosse una vera e propria opera autonoma, sono opera del compositore cileno Josè Miguel Tobar e del maestro Roberto De Simone, ennesimo esempio di quanto gli Inti-Illimani siano non soltanto dei grandi sperimentatori e ricercatori ma dei veri artisti di frontiera. In questa direzione musicale parallela molti brani del loro repertorio classico sono stati riarrangiati per la versione sinfonica: vi trovano spazio brani come Maria Canela, Bordel 1900 di Astor Piazzolla, EI Mercado de Testaccio, Media Noche, Fino a Cetra Austina brano integralmente arrangiato da Roberto De Simone. Un incontenibile caleidoscopio di suoni ed emozioni. Tra i progetti paralleli che segnano l'assoluta novità del loro odierno percorso musicale, è da annoverare la lunga serie dei Tributi a Victor Jara, il grande artista cileno che venne giustiziato con l’avvento del dittatore Pinochet. Un simbolo del loro paese d’origine ed un grande punto di riferimento per tutta la loro opera musicale. Tra i primi eventi live che li ha visti coinvolti nel progetto Jara, è da ricordare il concerto Tributo all'interno del Royal Festival Hall a Londra in cui parteciparono anche artisti del calibro di Peter Gabriel ed Emma Tompson. A seguito di questa vicenda Peter Gabriel li invitò a partecipare alla registrazione del suo nuovo disco negli studi della Real World. Dai vati tributi a Victor Jara che hanno in tutti questi anni effettuato in giro per il mondo è nata l'idea di contribuire alla creazione di una Fondazione dedicata a Victor Jara, un’iniziativa che ha come prospettiva quella di promuovere le radici culturali dell’America Latina e di istruire in questa direzione i giovani musicisti da tutte le parti del mondo. D’altro canto la frequentazione degli Inti-Illimani con Victor Jara risale alla fine degli anni ’60, quando un quattordicenne di nome Horacio Salinas ascoltò per la prima volta, alla luce delle candele, il grande cantautore nel mitico folk club Peña de los Parra. Da quel momento la musica di Victor Jara è diventata parte indelebile del repertorio degli Inti-Illimani punto di vista delle composizioni dello stesso Jara come El Aparecido, Oharagud, che sotto forma di canzoni che loro stessi hanno dedicato a questo grande poeta con brani diventati celeberrimi come Canciòn a Victor, Canto de las Estrellas.
Fonte: mediterre.net