Il padre di Amy Winehouse parla per la prima volta: “la perdita di mia figlia, la droga e l’alcolismo”

25
Giu
2012
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In una lunga e toccante lettera aperta inviata al Daily Mail, Mitch Winehouse racconta al mondo come convive con il dolore straziante per la perdita della propria figlia: Amy Winehouse, morta a soli 27 anni, era la sua unica figlia femmina. Il suo è il racconto – onesto e molto intimo – di un padre che aveva cercato fino all’ultimo di salvare la propria “bambina” dalla tragedia, una battaglia che sembrava finalmente vinta quando il corpo di Amy aveva ceduto dopo una ricaduta con l’alcol.

 

“Il mio cellulare suonava: sul display c’era scritto ‘Andrew – Sicurezza’, così ho risposto pensando fosse lei, dato che prendeva spesso in prestito il suo telefono. Ho detto ‘Ciao tesoro’, ma non era lei: era Andrew, la sua guardia del corpo. Riuscivo a malapena a distinguere ciò che stava dicendo, tutto ciò che riuscivo a decifrare era: ‘Deve tornare a casa, deve tornare a casa’. ‘E’ morta?’ ‘Sì’.”

Una doccia fredda con cui deve tuttora convivere, la tragedia inaspettata di chi pensava che le cose stessero andando per il meglio. Perchè Amy non faceva uso di droghe ormai dal 2008, aveva chiuso definitivamente la relazione malsana col marito Blake, apparentemente responsabile della sua tossicodipendenza, e stava cercando di vincere anche la battaglia contro l’alcolismo, ultimo demone che faticava a scacciare.

“Amy fumava cannabis, ma si era sempre opposta con veemenza alle droghe di prima classe. E’ stato Blake a far sì che questo cambiasse. […] Ho scoperto solo più tardi che Blake si dilettava già con l’eroina, quando lui e Amy si erano conosciuti. Come se la droga non bastasse, Amy aveva scoperto che lui la tradiva con la sua vecchia ragazza.”

E’ questo il periodo in cui Amy inizia a collaborare con Mark Ronson in maniera assidua, sfornando canzone dopo canzone in uno sprint creativo e di sfogo emotivo che sarebbe diventato, meno di 5 mesi dopo, l’album Back To Black:

“Ora di dicembre, l’album aveva venduto 3.5 milioni di copie nel Regno Unito e più di 20 milioni nel resto del mondo: ero sopraffatto, molto più che orgoglioso. Ma in fondo non volevo che Amy non dovesse più scrivere un album come quello. Le canzoni sono straordinarie, ma lei passò l’inferno scrivendole. Back to Black non mi piacerà mai come il suo primo album, e la ragione è una sola: tutte le canzoni dell’album, a parte Rehab, parlano di Blake. E ho realizzato che uno degli album finora più famosi del 21esimo secolo era completamente incentrato sul peggiore pezzente di bassa lega esistente sulla terra. Ironico, non è vero?

Sarà con il matrimonio nel 2007 tra Amy e Blake, tornati insieme, che inizierà la spirale di Amy verso il basso: iniziano le bugie, inizia l’uso incontrollato di droghe, iniziano i primi collassi e i tentativi falliti di riabilitazione nei vari centri e cliniche.

“Quando lei è collassata per la prima volta, è stato allora che ho capito: mi sbagliavo se pensavo che Amy fosse più forte di Blake. Apparentemente era proprio il contrario, come le vicissitudini dei mesi successivi ci confermarono.”

A quel punto, alla droga si era unito anche un consumo smodato di alcolici, che impedivano Amy di esibirsi lucidamente e che la portarono a fare una serie di figuracce durante dei live andati malissimo. Ma nel 2008 la svolta: Blake viene arrestato e incarcerato, e Mitch coglie la palla al balzo per allontanare definitivamente la figlia da quel rapporto e dalle droghe. Arriva l’ennesima riabilitazione, questa volta andata a buon fine, ed arriva il divorzio da Blake, così come arriva anche un nuovo interesse sentimentale per Amy. Ora del 2011, la giovane cantante era pulita da ormai 3 anni e stava riportando la sua vita in carreggiata, ma non riusciva a superare il suo problema con l’alcol, causa di altri concerti finiti malissimo.

Il 22 giugno Amy era tornata a casa. Mi aveva chiesto: ‘Papà, secondo te sono bella?’ ‘Io penso che tu sia la ragazza più bella del mondo, ma stai chiedendo alla persona sbagliata. Io sono tuo padre!’

Sabato 23 luglio, la mia bambina Amy è morta. Abbiamo pianto e pianto, finché sembrava che non ci fossero più lacrime da versare. Avevo visto Amy il giorno prima di partire per New York, e lei stava bene. Tante persone credono che la vita di Amy fosse un disastro nei suoi ultimi 18 mesi, ma ciò è assolutamente lontano dalla verità. Sì, aveva sporadiche ricadute con l’alcol, ma anche quelle stavano diventando sempre più rare. Non c’erano dubbi sul fatto che la sua vita avesse preso la giusta direzione. […] Sapevo che Amy non poteva essere morta di overdose, perchè era pulita dalle droghe dal 2008. L’esame tossicologico aveva poi riportato, infatti, che il suo organismo non presentava la minima traccia di droghe al momento della morte; il livello di alcol trovato nel sangue, però, era molto alto.

[…] Sentire la sua musica, anche per caso alla radio o da una finestra aperta, è ancora difficile per me. A volte mi manca così tanto che mi fa male fisicamente. E’ facile dimenticare che Amy era solo una giovane donna quando è morta, e che la sua musica e la sua vita avevano toccato così tante persone. Insieme alla nostra famiglia, gli amici, la fondazione, ci assicureremo che Amy non verrà mai dimenticata.