Cesare Cremonini in visita al Teatro comunale di Bologna, un luogo magico della città ormai diventato uno spettacolo quasi spettrale. Da mesi ormai chiuso al pubblico, il teatro è uno dei tanti luoghi che maggiormente hanno subito le conseguenze di questa emergenza sanitaria.
“Oggi ho rivisto un palco, i camerini, respirato l’atmosfera degli spettacoli, dopo tanto tempo. – scrive l’artista pubblicando un’immagine dell’interno del teatro, completamente deserto e spento – Il teatro comunale di Bologna è unico. Sta per compiere quattro secoli di storia e la sua forma a campana della platea (a guardarla sembra quasi la cassa armonica di un violoncello!) genera un’acustica perfetta e consente di vedere bene da qualsiasi posizione. Ho iniziato ad andarci da piccolo perché mia madre amava portarmi con lei ai concerti di musica classica e alle opere liriche. Fin dal primo momento, entrandoci, avevo avvertito il potere del palco. Una attrazione che non prevede l’esistenza di maestri, non di quelli reali se non altro. È un istinto.”.Il dolore maggiore è vedere la desolazione che c’è oggi “Oggi vedere questa meraviglia svuotata a causa della pandemia mi ha colpito molto ma allo stesso ho potuto respirare quell’istinto e mi ha fatto bene. Con un pianoforte al centro pronto per essere suonato da grandi musicisti. Mi è sembrato un paradiso.”“Ho avuto la fortuna di scendere nei sotterranei ad ammirare qualcosa di straordinario e geniale – continua – Non tutti lo sanno ma un altro tesoro del comunale è il suo meccanismo ligneo progettato ai primi dell’Ottocento dai macchinisti dell’epoca, quindi dagli stessi professionisti del settore, che consentiva il sollevamento della platea a livello del palcoscenico, per realizzare veglioni e feste da ballo, come accadeva allora di frequente. Esposti sui muri nelle sale di ingresso ci sono i cartelloni e le locandine che testimoniano il fatto che i teatri più preziosi erano simbolo della vitalità culturale e popolare delle città. Sono convinto che presto torneranno pieni. Loro. I palasport. Gli stadi. Le spiagge. È l’istinto che ci riporta lì.”Infine conclude con una riflessione più profonda sul senso di privacy “Più tardi, nel pomeriggio, sono andato in un centro commerciale per acquistare un regalo. Era pieno e alla cassa ho notato lunghe file disordinate. Ho ripensato al vuoto del teatro e a quei loggioni separati, distinti, eleganti anche nel promettere privacy, distanziamento. Sembra nato per proteggerci.”.