Il 2020 è stato un anno molto difficile per tutti i settori dello spettacolo dal vivo. Dall’analisi dei cali medi condotta dai ricercatori del gruppo ASK dell’Università Bocconi di Milano sulla base dei dati forniti dall’Osservatorio dello Spettacolo SIAE emerge una contrazione del 69% nel numero di spettacoli, del 72% degli ingressi, del 77% dei ricavi al botteghino e del 76% della spesa del pubblico.
Diversi sono i fattori che hanno portato a questi risultati: le politiche di chiusura definite dai diversi DPCM, i numeri ridotti di ingressi dovuti alle misure di distanziamento, il rallentamento delle nuove produzioni in tutte le filiere e naturalmente le reazioni dei singoli, lato domanda e lato offerta.
Per inquadrare le trasformazioni in atto, lo studio ha analizzato in maggiore dettaglio i dati con l’obiettivo di riflettere su quattro temi: come si stavano muovendo i settori prima della pandemia, quanto è stata veloce la ripartenza dopo le riaperture, che cosa è successo nei diversi territori e il ruolo del digitale.
Prima della pandemia, gli operatori del settore si sono orientati progressivamente verso una strategia finalizzata all’aumento dell’occupancy a spettacolo e l’innalzamento dei prezzi medi a spettatore e di quelli per servizi aggiuntivi in modo da sostenere gli incassi medi. L’offerta culturale ha registrato invece una progressiva concentrazione in termini di numero di operatori e di presenza territoriale, mentre l’evoluzione dei gusti del pubblico e le diverse scelte degli operatori a livello locale hanno portato ad una ridefinizione del peso relativo dei diversi comparti nei settori dello spettacolo dal vivo.
Lo sviluppo della crisi collegata alla pandemia ha determinato il crollo improvviso dell’offerta e del consumo di spettacolo ed intrattenimento, mostrando una accelerazione dei fenomeni di concentrazione geografica nelle poche settimane di attività. In una prospettiva di graduale riapertura anche delle attività dal vivo, questa è una tendenza che va contrastata per quanto possibile, perché il depauperamento del tessuto culturale a livello locale riduce drasticamente la qualità del capitale sociale da un lato e l’attrattività di un territorio dall’altro. Inoltre, da un punto di vista economico, per chi opera a livello territoriale (sia esso un operatore commerciale, turistico o di servizi) lo spettacolo dal vivo rappresenta un volano prezioso il cui valore nel 2019 era pari a 4.992.083.695 euro.
I dati relativi alle temporanee riaperture rivelano la fragilità delle strutture dal vivo e la difficoltà oggettiva a replicare le strategie che hanno funzionato nelle crisi precedenti. In previsione della ripresa delle attività, non sarà perciò sufficiente ritoccare i prezzi al rialzo per compensare il calo dell’occupancy, pena un drastico calo della domanda.
Da sottolineare che la pandemia ha spostato – nell’arco di un anno – il peso del digitale fino all’80% della remunerazione di artisti e editori, rendendo però la posizione per ora insostenibile per molti autori, dati i meccanismi di remunerazione e di incentivo delle piattaforme streaming, che contribuiscono a polarizzare ulteriormente la visibilità e la remunerazione.
Un cambiamento di contesto così repentino ha rappresentato anche un’opportunità per lo sviluppo di nuovi generi e l’emergere di nuovi autori. La crisi pandemica ha evidenziato che l’atteggiamento del pubblico e degli operatori si va orientando verso lo sviluppo di modelli ibridi che presuppongono – accanto ad un’offerta culturale in presenza – un’offerta digitale su un numero crescente di piattaforme e con formati in parte in esplorazione. C’è da aspettarsi dunque uno sviluppo strutturale di una strategia multicanale da parte degli operatori e l’emergere di nuovi formati, di nuovi autori e prodotti di punta accanto al consolidamento di generi che utilizzano combinazioni di forme espressive, piattaforme e metodi di pagamento in modi articolati ed originali per soddisfare bisogni di grandi segmenti di pubblico.
Anche i dati dell’Annuario dello Spettacolo SIAE confermano purtroppo il prezzo altissimo pagato alla pandemia nel 2020 dall’intera filiera – dagli autori ed editori agli artisti, dai produttori ai distributori e ai promoter, dai gestori di locali ai tecnici e alle maestranze – mentre il pubblico è stato privato di svago e arricchimento culturale.
Una prima disaggregazione dei dati evidenzia come il settore dell’attività concertistica sia stato quello che in assoluto ha sofferto più di tutti le norme anti Covid, facendo registrare le peggiori performance per gli ingressi (-82,88%) e per la spesa al botteghino (-89,13%) nel 2020, anno che sarà senza dubbio ricordato dagli operatori del settore per la totale assenza dei grandi concerti live estivi. Invece il comparto che ha sofferto relativamente meno degli altri è stato quello delle attrazioni dello spettacolo viaggiante, che ha potuto contare sulle parziali riaperture estive, che coincidono storicamente con il periodo di maggiori ingressi e incassi per queste attività: il numero di spettacoli è diminuito del 42,27% mentre la spesa del pubblico è scesa del 64,04%. Neanche l’attività cinematografica è riuscita a contenere le perdite: gli ingressi si sono ridotti del 70,98%, le presenze sono diminuite dell’82,18%, la spesa al botteghino ha registrato un calo del 71,62% e la spesa del pubblico ha perso il 73,21%.
La brusca interruzione della stagione 2019-2020, con la dichiarazione del primo lockdown generale dell’8 marzo 2020 e la mancata ripartenza della nuova stagione 2020-2021 per effetto della seconda ondata epidemica, ha compromesso del tutto lo svolgimento dell’attività teatrale: il numero degli spettacoli è diminuito del 64,81% e gli ingressi si sono ridotti del 70,41%. Stessa sorte per entrambi gli indicatori economici: -77,78% per la spesa al botteghino e -76,47% per la spesa del pubblico. Particolarmente colpiti la lirica, con un tracollo della spesa al botteghino dell’85,35% e del numero di ingressi dell’81,20%, e il balletto, con una perdita dell’80,02% degli ingressi.
La crisi provocata dalla pandemia ha travolto anche lo sport che, a partire da marzo 2020, ha visto la sospensione di eventi e competizioni di ogni ordine e disciplina e successivamente una ripresa graduale delle attività, anche se quasi sempre senza la presenza del pubblico. Di conseguenza, gli ingressi si sono ridotti del 77% mentre la spesa al botteghino è diminuita dell’84%.
In negativo anche i dati dell’attività di ballo e trattenimenti musicali a causa soprattutto della mancanza quasi totale dell’attività di ballo mentre l’attività dei trattenimenti musicali nei pubblici esercizi è stata quasi sempre concessa, nel rispetto delle norme sanitarie previste: complessivamente -71,36% per il numero degli spettacoli, -72,53% per le presenze e -73,94% per la spesa del pubblico.
In linea con gli altri comparti è stata la perdita registrata dal settore delle fiere e delle mostre culturali, i cui ingressi sono diminuiti rispettivamente dell’83% (con una perdita di circa 10 milioni di visitatori) e del 72%. La mostra che ha esercitato il maggior richiamo, pur potendosi ritagliare uno spazio ristretto a cavallo tra i due lockdown e dovendo fare i conti con gli ingressi contingentati a prenotazione obbligatoria, è stata quella dedicata a Raffaello Sanzio in occasione del cinquecentesimo anno dalla sua morte, presso le Scuderie del Quirinale a Roma, che ha registrato oltre 134.000 visitatori.
Il settore dell’attività con pluralità di generi ha registrato una quasi totale scomparsa del numero di spettacoli (-87,54%), delle presenze (-92,58%) e della spesa del pubblico (-91,26%).
Dall’analisi della quantità e della distribuzione geografica dei luoghi di spettacolo, che nel 2020 sono stati 56.645, è emerso che l’impatto del Covid ha prodotto la chiusura totale del 51,6% dei locali rispetto al 2019. Analogo risultato si riscontra sulla quantità e sulla distribuzione geografica degli organizzatori di spettacoli, che nel 2020 sono stati 39.489, con una perdita del 51,2% rispetto all’anno precedente.
Novità di questa edizione dell’Annuario dello Spettacolo SIAE è la presenza del macroaggregato degli eventi trasmessi in streaming su piattaforme digitali a pagamento. Questa tipologia di evento, nata durante l’emergenza sanitaria, ha visto molti operatori attivarsi per avviare una sperimentazione con la creazione di sale “virtuali” speculari a quelle “fisiche” sia durante la chiusura delle sale sia nelle fasi di riapertura a capienza ridotta. Nel 2020 sono stati censiti 8.396 eventi. La distribuzione mensile dei valori evidenzia che questa tipologia di spettacolo ha iniziato a manifestarsi nel mese di maggio e ha ripreso vigore dal mese di ottobre, quando si è verificata la seconda ondata della pandemia. In questo aggregato l’indicatore rappresenta il numero di utenti che hanno effettuato l’accesso, acquistando un biglietto valido. Vista la particolare natura del servizio, non si può parlare di spettatori poiché non è dato sapere il numero effettivo di persone che, attraverso il collegamento attraverso un dispositivo, fruiscono dello spettacolo. L’analisi mensile evidenzia che settembre ha registrato l’incasso maggiore, poiché in questo mese si è tenuto l’evento “Heroes”, organizzato con l’intento di supportare il fondo “Covid-19 Sosteniamo la Musica” a favore dei lavoratori dello spettacolo. Il 6 settembre 2020 l’Arena di Verona ha visto la presenza contemporanea di 3.498 spettatori mentre 35.512 persone erano collegate all’evento in streaming.
La scommessa, per gli esercenti teatrali e gli organizzatori di concerti, è dunque quella di riuscire ad integrare l’offerta e sviluppare una genuina strategia multicanale: se la performance artistica non può fare a meno del pubblico in sala è anche suggestivo pensare che in un prossimo futuro alcuni grandi eventi possano raggiungere contemporaneamente sia un pubblico presente che un pubblico connesso.
“L’analisi che presentiamo oggi riveste una particolare importanza in un periodo così difficile per tutti e in particolare per alcuni settori, come quello dello spettacolo dal vivo, che ha registrato perdite gravissime dall’inizio della pandemia – ha dichiarato il Presidente SIAE Giulio Rapetti Mogol – Le conseguenze sono devastanti dal punto di vista economico, occupazionale e sociale, al netto di quelle più strettamente culturali. In questo momento è necessaria perciò una visione sistemica e un’idea di sviluppo condivisa per attivare una vera ripartenza con un’attenzione particolare ai lavoratori creativi e alle loro specifiche esigenze”.
“Molti operatori stanno sviluppando progetti multicanale e sperimentando formati di intrattenimento, divulgazione e ricerca. E’ importante riconoscere, misurare e sostenere lo sforzo imprenditoriale in questi settori così ‘trasversalmente importanti’ per il nostro Paese” ha commentato la Professoressa Paola Dubini.
“È fondamentale immaginare un futuro anche per lo spettacolo: se c’è un momento in cui si può elaborare un piano industriale per la cultura è questo – ha detto il Direttore Generale SIAE Gaetano Blandini – Lo spettacolo dal vivo ritornerà e non c’è motivo che non ritorni. È irrealistico però pensare che la pandemia sia destinata a non lasciare traccia: bisogna prestare attenzione ai cambiamenti in atto e cercare di cogliere tutte le opportunità offerte da questa nuova situazione per garantire la sostenibilità economica del settore”.
Fonte: SIAE