Furto alla Rinascente, tutta la verità di Marco Carta “Contro di me solo menzogne e bugie”
2019
Marco Carta denuncia e si difende: in merito a quanto accaduto qualche giorno fa a Milano, riguardo al presunto furto di 6 magliette del valore di 1200€ presso La Rinascente, il giovane cantante ha deciso di andare in tv e dire la sua.
Ospite nel salotto di Barbara D’Urso, a Live – Non è la D’Urso Marco racconta come si sono realmente svolti i fatti e commenta anche la dichiarazione, depositata presso la polizia, dall’agente che lo avrebbe “colto sul fatto”.
“Ti racconto quello posso, essendoci un processo di mezzo. Sono molto molto scosso ed è difficile in un manicomio dimostrare che non sei pazzo” inizia con queste parole il racconto del giovane artista, che sostiene di essere solamente una vittima di questa storia e vittima allo stesso tempo di dichiarazione false.
“Il Tg5 dice che sono stato fermato con le magliette rubate. Non è vero. Io ero con una persona, una mia amica, lei è stata fermata. Quando l’allarme anti-taccheggio è suonato, ci hanno detto: “Seguiteci”. A un certo punto ho visto tirare fuori delle magliette dalla sua borsa. Sono rimasto sconcertato, allibito. Lei non ha detto nulla. Essendo tanto scosso, non ho ricordi lucidi di quei momenti, brutti, e dei giorni successivi. Continuavo a ripetermi: “Sei una brava persona”. Mi sono sempre ritenuto una persona distratta e sregolata, ora mi dico che sono una brava persona e non, come molti pensano, un ladro.”
Contro Marco Carta è scattata una denuncia per furto e ha dovuto passare poi anche una notte in cella, prima di essere scagionato dall’accusa.
“La polizia ci ha detto: “Dovete seguirci, ci potrebbe essere un arresto”. Li abbiamo seguiti, ma separatamente, in due diverse macchine della polizia. Ci hanno portato dentro una cella, separati. Io continuavo a fare avanti e indietro, mi sentivo un animale in gabbia. Non potevo chiamare il mio fidanzato, la mia famiglia. Mi hanno detto che non potevo sentire nessuno se non un avvocato. Però io volevo chiamare prima casa, non mi interessava chiamare l’avvocato. Sono rimasto lì fino alle 5 del mattino, una donna ufficiale mi ha detto: “Guarda che ci sarà un processo, poi tornerai a casa”. Si vedeva che ero scioccato, ero fuori di me, non perché facessi chissà cosa ma perché fissavo il vuoto. La donna ha chiamato il mio fidanzato, poi mi hanno riportato a casa. Non mi ricordo il termine ma diciamo che ero agli arresti domiciliari. Alle 8 sono venuti a prendermi e mi hanno portato al processo. C’eravamo tutti e due, sia io che lei.”
Eppure contro di lui continua a pesare la dichiarazione dell’agente di sicurezza che afferma con assoluta certezza di averlo visto mentre toglieva gli antitaccheggio alle magliette.
“ Non è vero che Carta è stato rinviato a giudizio, ho scelto la direttissima. Ho chiesto al giudice di fissare il processo il prima possibile. Non sono preoccupato, il fatto è che ho avuto la stupidità di aprire i social e leggere le cattiverie che mi hanno scritto: mi hanno detto “meriteresti la pena di morte, di stare con i pedofili”. Odio piangere in pubblico. Sono preoccupato per la mia famiglia. Che camminino a testa alta, io non l’ho fatto. Quando mi riconosceranno innocente, mi resterà comunque il brutto ricordo e il giudizio della gente.”
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