Ligabue è l’ospite speciale di Repubblica di questa settimana. L’artista ha rilasciato una speciale intervista dove racconta i suoi inizi, la sua giovinezza quando era solamente Luciano e non ancora l’artista di fama nazionale che conosciamo oggi.
Prima di salire sui palchi, riempire gli stadi, girare tutta Italia registrando un sold out dopo l’altro, avere un curriculum che conta 30 anni di carriera con 13 album all’attivo e milioni di copie vendute, Luciano faceva il fattorino per raccogliere soldi e tirare la fine del mese.
“Vengo da una famiglia semplice, per cui devo supporre che la mia irrequietezza venisse da un altrove. Probabilmente musicale. Mio padre però mi diceva: “Cosa vuoi fare Luciano, cantare? Ma trovati un mestiere serio”. E poi, così, senza nessuna giustificazione, arrivò la chitarra in dono per i miei 15 anni. Non era un invito a intraprendere la carriera di cantante ma forse un modo per dare una forma alle mie inquietudini”.
Poi un bel giorno iniziò a inseguire il sogno della musica, un sogno che nel tempo si è rivelato essere la strada giusta.
“Ho cominciato tardi a fare musica. La prima volta che ho suonato con una band avevo 26 anni. A 27 il primo concerto in un circolo culturale a Correggio. Salimmo su una pedana improvvisata alle quattro del pomeriggio, un’ora in cui di solito nel mio paese si fa la tombolata”.
“Tutta la timidezza che mi portavo addosso da anni, svanì sulla pedana – racconta oggi – Mostrai una sicurezza che non avevo nella vita. Fu una rivelazione per me e per gli altri. Prima facevo lavori stagionali, raccogliendo frutta in campagna, il metalmeccanico in fabbrica e perfino il Dj in una piccola radio locale”.