Mogol bocciò Lucio Battisti “Gli dissi che le sue canzoni non erano un granchè”
2020
Giulio Rapetti in arte Mogol ripercorre con il Corriere della Sera le tappe più importanti della sua decennale carriera, segnata soprattutto dal grande incontro con Lucio Battisti, prima collega e poi amico.
Tra i suoi artisti di maggior calibro, Lucio Battisti all’inizio dovette faticare per farsi strada nel mondo della musica. A raccontare questo aneddoto è lo stesso Mogol, che oggi ci ride sopra.
“Me lo portò a casa una mia cara amica parigina, che si occupava di edizioni musicali e stava cercando un musicista italiano da promuovere in Francia. Mi fece ascoltare le sue canzoni, che non erano un granché e io lo dissi chiaramente a quel ragazzo”. Battisti reagì con filosofia “Mi fece un sorriso luminoso, dicendo: sono d’accordo. La mia amica invece rimase male e io, per metterci una pezza, invitai Lucio a venirmi a trovare, per lavorare a qualcosa insieme. Nacquero le prime tre canzoni, la terza era 29 settembre”.
Le canzoni firmate da Mogol e Battisti, dopo il sodalizio artistico durato tanti anni, sembrava che tra la gente non avessero seguito. In quegli anni, erano gli anni ’70, la musica ricercata era diversa, di sinistra come racconta lo steso direttore della SIAE.
“Le nostre canzoni vennero definite addirittura fasciste. L’impegno, a quel tempo, era essere di sinistra, fare testi sulla classe operaia, le contestazioni… io parlavo della sfera privata. Era il momento dei cantautori, tipo Francesco Guccini bravissimo per carità, ma le loro non erano canzoni vere e proprie. Scrivevano dei testi politici e poi li cantavano con una musica che non aveva un ruolo fondamentale.”.
Ma inaspettatamente, un giorno la coppia scopri qualcosa “Ho scoperto una cosa che mi ha fatto piacere: nel covo di via Gradoli delle Brigate rosse, trovarono la collezione completa di Mogol-Battisti. Ascoltavano le nostre canzoni e le nascondevano”.
L’addio artistico della coppia arrivò quando ci furono le prime incomprensioni legate ai diritti “Finì per una questione di principio, non per soldi, io al denaro do poca importanza. Tuttavia, era giusto che ricevessi i diritti al 50% e gli chiesi di concedermi la sua stessa quota. Lucio non accettò e ci separammo, ma senza rancore”.
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