Il Festival di Sanremo quest’anno non può sicuramente dormire “sonni tranquilli”: dall’emergenza sanitaria, al pubblico pagato presente a teatro, ai cachet dei conduttori, ora spunta anche l’ipotesi di plagio che in realtà si rincorrerebbe da tantissimi anni.
Quasi tutte le canzoni del festival di Sanremo, nella sua storia che conta con quest’anno 71 edizioni), hanno decine, o centinaia e persino migliaia di identici precedenti, in barba alla legge sul diritto d’autore che considera il titolo come irripetibile segno distintivo dell’opera dell’ingegno.
L’indagine aperta già in passato da ADNKronos, è stata riportata alla luce dall’autore Michele Bovi, autore del libro Ladri di canzoni Hoepli editore. “Anche per quest’anno aspettiamoci nuove accuse di plagio” afferma lo scrittore, che sottolinea come in 70 anni di canzoni orecchiabili ci siano melodie identiche che si ripetono e soprattutto titoli.
“Se i sentieri melodico-armonici sono stati tutti ripetutamente battuti, anche per i titoli delle canzoni gli autori non sembrano orientati ad azzardare guizzi di immaginazione. Persino un gruppo dal nome stravagante come La Rappresentante di Lista parteciperà al Festival con la canzone ‘Amare’: scontato supporre l’esistenza di precedenti di un titolo del genere, che infatti – racconta Bovi, che approfondisce la questione sul suo sito web personale – è stato addirittura già in gara a Sanremo, edizione 1979, proposto da Mino Verniaghi. Eppure basta poco per distinguersi pur rimanendo sui medesimi termini e concetti: ad esempio Scialpi nel 1991 intitolò la sua canzone ‘A…Amare’ e Andrea Mingardi al Festival di Sanremo del 1994 giocò al raddoppio con ‘Amare amare’. Lo ha fatto quest’anno Willie Peyote con ‘Mai dire mai’, al quale ha aggiunto, tra parentesi, (La Locura), un termine a doppio senso: metà follia in spagnolo, metà cultura del lockdown. E ha fatto bene: senza quel supplemento la sua canzone si sarebbe confusa nella marea di ‘Mai dire mai’ eseguite negli ultimi 60 anni da una formidabile schiera di celebrità della musica italiana. A cominciare dal 1959 quando ‘Mai dire mai’ composta da Aldo Salvi con le parole di Gian Carlo Testoni diventò un successo per Caterina Valente ripetuto un anno dopo da Peppino Di Capri”.
La lista dei titoli copiati è ancora molto lunga, tanto che lo scrittore trova decine e decine di collegamenti anche tra l’edizione di quest’anno e tutte quelle passate.
Assieme a lui è intervenuto sul quotidiano anche l’avvocato Giampietro Quiriconi “I titoli simili sono confondibili e la Siae dovrebbe rifiutarli innanzitutto per il rispetto dovuto alla proprietà intellettuale che secondo me è la più sacra delle proprietà e poi perché alla confusione consegue la possibilità del drenaggio dei profitti da opere celebri e altamente remunerate a composizioni modeste con lo stesso titolo. Quando un tempo nei locali da ballo si compilavano i borderò per la Siae alcuni capi orchestra inserivano propri lavori titolati come canzoni famose per sfruttare l’equivoco. Il titolo andrebbe considerato come segno distintivo non soltanto dell’opera dell’ingegno ma anche di un prodotto aziendale in quanto bene economico. Pertanto un titolo che imita servilmente il segno distintivo di un prodotto altrui andrebbe considerato in base allo stesso principio giuridico di un illecito civile per concorrenza sleale”.